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MANUALE DI PROGRAMMAZIONE E ORGANIZZAZIONE SANITARIA
Casa Editrice:IDELSON-GNOCCHI
Autori :
Volume:UNICO
Anno Edizione:2018
ISBN:9788879476676
Categoria:MANAGEMENT E SANITA'
Numero Pagine:431
Rilegatura:Brossura
Formato:17x24,5
Prezzo Copertina: 35.00
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Descrizione
PREFAZIONE ALLA TERZA EDIZIONE
Dopo due pubblicazioni di successo, questo Manuale giunge alla sua terza edizione, con approfondimenti e aggiornamenti rispetto a numerose novità emerse negli ultimi quattordici anni dalla sua prima uscita.
Sono rimaste tali, rispetto alle precedenti edizioni, trattazioni in merito a tematiche fondamentali del management e della programmazione sanitaria, ma sono stati anche inseriti importanti e specifici contenuti, che rendono il Manuale utilizzabile da fruitori sia principianti che esperti del settore. In questo senso appare molto utile e fruibile l’indice analitico e la bibliografia alfabetica, che ne consentono una consultazione rapida ed agevole. In relazione a questi concetti, la possibilità di sfogliare e leggere un volume cartaceo contribuisce a mantenere l’identità manualistica dell’oggetto e a renderlo adatto a tutti gli ambiti di esperienza professionale in sanità.
Come espresso nelle precedenti prefazioni, anche nei contenuti aggiornati e rivisti di questa terza edizione continua ad emergere un giusto bilanciamento tra novità ed evoluzione e strumenti classici di analisi e valutazione.
Tra gli aggiornamenti di questa edizione vanno citate le modifiche relative ai capitoli sui principi e sulle metodologie, e quelle relative ai capitoli sull’organizzazione sanitaria. Altre importanti novità sono state introdotte nel capitolo sui sistemi informativi, i quali negli ultimi anni hanno subìto radicali cambiamenti per diventare sempre più moderni e al passo con l’innovazione tecnologica e i nuovi bisogni.
Come noto, le macro leve classiche di intervento nel management sono tre: organizzative, gestionali e tecnologiche. Sono tre classi di azioni sistemiche fondamentali in tutte le organizzazioni, profit e no profit. E quindi ben vengano tutte le soluzioni organizzative evolute, le metodologie manageriali avanzate e le nuove tecnologie.
Ma le azioni di sistema potrebbero non bastare. All’aumentare della complessità le soluzioni sistemiche sono necessarie, ma non sufficienti. Serve l’azione dei soggetti, ovvero delle persone, delle reti, delle comunità. Con uno slogan potremmo dire: dai sistemi ai soggetti. Ma andiamo con ordine.
Di fronte a un problema complesso esistono sempre due alternative: la prima è quella di aumentare le capacità di soluzione. La seconda è quella di selezionare solo un pezzo del problema e concentrarsi su di esso.
Il filosofo ed epistemologo Karl R. Popper amava ricordare che “la consapevolezza non inizia con la cognizione o con la raccolta di dati o fatti, ma con i dilemmi”. Il dilemma può essere così posto: all’aumentare della complessità esterna, ovvero di ambienti sempre più difficili da affrontare, la complessità interna delle organizzazioni va aumentata o ridotta? In altri termini, come devono rispondere le organizzazioni alla crescente complessità ambientale? Aumentare la complessità organizzativa, come indicato da William R. Ashby, uno dei pionieri della cibernetica, con la sua “legge della varietà necessaria” del 1956 o ridurre la complessità organizzativa selezionando solo una parte di complessità esterna, come indicato nel 1984 dal sociologo e filosofo Niklas Luhmann?
La legge di Ashby dice che “per controllare un sistema di una certa varietà è necessario un sistema di controllo avente una necessaria varietà”. La legge, applicata alle organizzazioni, comporta che all’aumentare della complessità ambientale – espressa come varietà, variabilità, interdipendenza e indeterminazione (in una parola varianza) – deve crescere il livello di complessità interna all’organizzazione. Il livello di varianza presente all’interno di un’organizzazione deve essere quindi almeno pari al livello di varianza ambientale. La complessità organizzativa interna è in ultima analisi la risposta adattativa alla complessità esterna.
Secondo Luhmann un sistema è delimitato da un confine tra sé stesso e il proprio ambiente; confine che lo separa da una complessità esterna infinita o caotica. L’interno del sistema è quindi una zona di complessità ridotta, che può affrontare solo una porzione di complessità esterna, che va quindi selezionata. Va pertanto realizzata una scelta selettiva della varianza esterna da contrastare con quella interna. L’organizzazione che adotta questa soluzione si specializza in alcune funzioni, selezionando quelle che giudica più convenienti e gestibili. Molte imprese, ad esempio, si concentrano sul core business ed esternalizzano le funzioni non-core.
Come affrontare quindi la crescente complessità esterna? Aumentando la complessità interna o selezionando la complessità esterna? Non c’è una risposta “giusta” al dilemma: le organizzazioni che si confrontano tutti i giorni con la complessità devono trovare di volta in volta il giusto mix delle due “ricette”.
Ma non basta. Esiste sempre un gap tra la complessità interna e quella esterna, perché aumentare la prima è troppo costoso e ridurre selettivamente la seconda è troppo rischioso. Questo gap lascia uno spazio decisivo per l’azione di soggetti – persone, reti e comunità – che usano la loro intelligenza fluida per interpretare e governare la varianza delle situazioni.
Il gap è uno spazio libero per l’attivazione dell’intelligenza, dell’intraprendenza e delle capacità auto-organizzatrici degli uomini, per far fronte con mezzi “biologici” alla complessità in eccesso che non risulta governabile dalle due soluzioni sistemiche descritte: organizzazioni centralizzate e onnicomprensive (modello Ashby); organizzazioni specializzate sulle attività core e ricorso all’outsourcing (modello Luhmann).
Le persone fanno così da “ponte” tra la complessità esterna e l’organizzazione sistemica che non riesce a metabolizzarla (Ashby o Luhmann o un loro mix). C’è uno spazio enorme da riempire, una prateria da esplorare. Lo spazio della complessità è lo spazio della libertà. Più complessità esiste nel mondo e più libertà esiste nel mondo.
Quando la complessità esterna aumenta, le soluzioni sistemiche (organizzazione, gestione e tecnologia) non bastano più, bisogna avvalersi delle capacità dei soggetti. Bisogna decentrare, puntare sulla partecipazione e sull’assunzione di responsabilità da parte di tutti. Serve intelligenza distribuita, interconnessa, auto-motivata, auto-attivata, cooperativa.
Le persone, le reti, le comunità professionali sono un’autentica miniera dove estrarre con continuità esperienze, approcci, metodi, prospettive; una palestra dove allenare un pensiero libero, laterale, divergente, creativo, generativo, visionario.
L’esistenza di un gap strutturale e permanente da colmare, da un lato, e di soggetti dotati di talenti dall’altro, significa una cosa sola: che il futuro di ogni organizzazione è potenzialmente ricco di opportunità che aspettano solo di essere colte.
E quindi buona lettura, con l’auspicio che questo Manuale possa non solo fornirvi la conoscenza delle soluzioni sistemiche della programmazione e dell’organizzazione sanitaria, ma possa anche darvi la sensibilità di capire quando immaginare e come aprire nuovi spazi e prospettive di azione di soggetti “bridge the gap”, capaci appunto di colmare – in modo creativo, unico, irripetibile e storicamente formato – il gap della complessità delle vostre organizzazioni.
Alberto F. De Toni
Rettore dell’Università di Udine – Segretario Generale – della Conferenza delle Università Italiane

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